Alzai lo zaino e mi accorsi che era troppo pesante,
avevo esagerato, e con quel carico sulle spalle dovevo attraversare tutta
l’Italia; non mi sembrava possibile.
Quella mattina avevo presa una decisione irrevocabile:
da giorni mi sentivo braccato dalla polizia fascista, restare tra quei monti a
me estranei, mi dava un incubo indicibile. Sentivo un bisogno, una forza
interiore che mi spingeva a rischiare tutto, anche la vita.
Avevo praticato sulle Alpi uno sport estremo, avevo
scalato sulle Dolomiti pareti verticali, il pericolo mi stimolava, lo avevo
cercato per sfidare me stesso, ora lo dovevo affrontare per sfidare gli eventi
che incalzavano.
Era necessario alleggerire lo zaino,
dovevo lasciare il superfluo, ma cosa era il superfluo in quelle circostanze? E cosa era il necessario?
Era difficile immaginare a cosa andavo
incontro, non sapevo cosa volesse dire andare verso un fronte di guerra che da
mesi era fermo al Centro Italia, lungo la linea che i tedeschi avevano chiamata
Gotica; dovevo percorrere zone sottoposte a continui bombardamenti, passare tra
le fila di due eserciti che si fronteggiavano da mesi, dovevo traversare paesi
distrutti e spopolati, e poi passare lo Stretto, per arrivare a casa che era di
là dal mare.
Cosa dovevo portare per affrontare gli
imprevisti che avrei incontrato?
Riflettei a lungo e mi convinsi che il
vero zaino da portare e riempire era la volontà ferma, la determinazione di
andare incontro all’ignoto. Dovevo essere pronto ad affrontare qualsiasi
evento. Anni di guerra ci avevano abituati a dare alla vita una nuova
dimensione, ci avevano fatto scoprire i veri valori, le vere poche cose
essenziali per vivere.
(Tratto da VIAGGIO VERSO LA LIBERTA'. Una lunga marcia attraverso l'Italia in guerra, G. Fernandez, Ed e-book Lulù).
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