Prima parte - La più dotta preghiera della cristianità fu dettata da Gesù per aiutare l'umanità a rivolgere un'istanza verso un essere ipotetico. Comincia con un'invocazione "PADRE" come se lui fosse accanto all'orante e non aspetti altro. Questa invocazione e' molto importate perché indirizzata a un essere ipotetico, ovvero creato dalla mente di Gesù.
Quando dice NOSTRO è una comunione di chi vuole coinvolgere anche se stesso in questa invocazione. Ma Gesù nel corso della sua vita si proclamerà Dio, come il padre, e quindi risulterebbe un assurdo che lui preghi se stesso, ma questo avviene perché Gesù era spinto da un grande amore per l'umanità e da grande fantasia creatrice di metafore stupende. Il "NOSTRO" coinvolge i presenti, e anche gli assenti, perché è fuori dal tempo.
"CHE SEI NEI CIELI", la metafora questa volta è più palese ed esprime il desiderio di puntualizzare l'ubicazione della sede ove risiede la casa dell'ipotetico padre. La metafora indica chiaramente che questa sede non esiste perché l'indicazione è tanto sommaria e vaga che non poteva essere più generica. ESSERE NEI CIELI vuol dire "non essere affatto" o comunque nella dimensione che noi conosciamo. Inutile cercare nei cieli una traccia, un segno della presenza del Padre perché i cieli non possono indicare un'ubicazione, è solo la metafora dello spazio infinito. Inutile cercare nei cieli con potenti telescopi quello che non esiste.
"SIA SANTIFICATO IL TUO NOME" qui comincia la preghiera vera e propria con un'invocazione che più vaga non potrebbe essere. Come si santifica un nome? perché questo verbo non indica un'azione da compiere, perché non esiste un modo di "santificare". Nessuno ha mai visto qualcuno che ha santificato e soprattutto il Padre creato dalla fantasia. Il verbo SANTIFICARE indica metaforicamente una posizione dell'animo umano non chiarita da alcune espressioni esplicative: siamo perplessi di fronte a questo invito privo di significato concreto. Chiarita meglio questa azione da compiere indirizzata verso il padre, evidentemente la fantasia di Gesù è arrivata ai limiti.
Seconda Parte - "VENGA IL TUO REGNO", dopo poche battute il Padre si è trasformato in un Re che domina i cieli e deve controllare la terra, cioè il nostro mondo. Questo regno non sappiamo di cosa sia fatto ed è anch'esso una metafora del potere che si vorrebbe trasferire al Padre. La comunità a cui è indirizzato il SIA e il VENGA, rimane estranea a questo potere sull'universo perché comprende il cielo e la terra. Non sappiamo come è nato questo regno che sembra appartenere all'infinito.
La metafora coinvolge una dimensione infinita, e noi restiamo muti e perplessi. Poi continua:
"SIA FATTA LA TUA VOLONTÀ", qui la preghiera diventa misteriosa perché la volontà del Padre non sappiamo come ci viene comunicata ad ogni azione nostra, non la conosciamo e per questo rimaniamo sospesi in una metafora trascendente. Questa volontà va dal cielo alla terra ed è la base di tutto l'universo. Se ci venisse comunicata dal Padre potremmo attuarla, ma non esiste un canale diretto e una partecipazione immediata e presente in tutte le circostanze.
"COME IN CIELO COSÌ IN TERRA" perché le due dimensioni sembrerebbero collegate da un'unica sorte.
Terza parte - "DACCI OGGI IL NOSTRO PANE QUOTIDIANO", il tono cambia completamente e il rapporto tra orante e il Padre è confidenziale: sembra un bambino che ha fame e vuole mangiare. Il padre si trasforma in un "fornaio" che distribuisce pane ai passanti, ma il tono è perentorio OGGI, deve essere oggi perché questo sarebbe il tuo dovere visto che ci hai creati e voluti tu, ma non esiste questo rapporto. Il padre non può anche volendo sfamare tutta l'umanità che aspetta OGGI il suo pane e la metafora del pane è palese, il pane sta per i bisogni essenziali e giornalieri e noi di fronte a questa richiesta restiamo sconvolti.
Il pane deve essere quotidiano, cioè ogni giorno, tutti i giorni, fino alla fine dei tempi. La metafora questa volta ci coinvolge per tutta la vita, con il soddisfacimento di questa richiesta il nostro problema della sussistenza e dell'esistenza sarebbero per sempre risolti. Siamo frastornati da questa richiesta che ci coinvolge in maniera totale. L'umanità ha bisogno di serenità e tranquillità e la richiesta viene rivolta al padre come se fosse presente e non aspettasse altro.
"RIMETTI A NOI I NOSTRI DEBITI COME NOI LI RIMETTIAMO AI NOSTRI DEBITORI". In questo caso il padre si trasforma come un esattore delle imposte, fa la contabilità dei debiti, controlla di ognuno di noi il dare e l'avere come in banca. Questa contabilità ha poco di trascendente e rimane sul piano del rapporto umano. E' assurdo pensare ad una contabilità che coinvolga tutta l'umanità, per tutti i tempi passati presenti e futuri. Siamo ancora nella metafora di un uomo che ha immaginato un sistema di controllo dell'operato di ognuno di noi come se fosse denaro da riscuotere o pagare.
"NON CI INDURRE IN TENTAZIONI", a questo punto la metafora non serve più, Gesù si scopre e si confronta con la Bibbia di Mosè: siamo di nuovo all'origine del mondo, la tentazione fa parte della creazione dell'uomo. Nel paradiso terrestre l'uomo venne sottoposto alla tentazione per volere del Padre e noi non sappiamo e non possiamo capire cosa c'era dietro questa tentazione.
C'era "il male" che sembrava avere origine propria a controllata dal Padre che a quell'epoca era Dio. Il padre permise e gestì tutta la tentazione del serpente, qui siamo ricaduti nella metafora che il male non è definito e possiamo pensare che sia gestito da un "maligno" comandato dal Padre.
Una volta, ancora, siamo allibiti, questa gestione del male non ci è chiara e non capiamo da dove sia generata. Si e pensato ad un errore di traduzione: il verbo non ci INDURRE, può essere cambiato in mille modi, ma il MALE che l'origina non è possibile eliminarlo dal testo. Quindi la gestione del male ritorna nella preghiera come una volontà che supera quella del Padre che non si è potuto liberare da questa entità.
Tra pochi giorni il Papa Francesco ha promesso che modificherà la traduzione di questo passo della preghiera ma non potrà eliminare anche lui la parola "il male" che sembra coinvolgere tutto e tutti. Infatti la preghiera chiude con le parole:
"LIBERACI DAL MALE" che sembra una situazione perenne. Infatti se il Padre nei suoi miliardi di anni non si è potuto liberare dal male, e non è in grado di gestirlo, come potrà liberarci definitivamente da questa sciagura?
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