Era un’idea, diventò una passione che
diventò una realtà: non volevo turbare quel meraviglioso contesto naturale, la
costruzione doveva essere in armonia con il paesaggio fatto di scogli e mare. Doveva essere “la casa sugli scogli”: troppo vivo era
il ricordo della casa sulla cascata di F. L. Wright che avevo avuto la fortuna di visitare in Arizona.
Provai a
raggiungere questo obiettivo in due modi: facendo emergere la casa dal terreno il meno
possibile, facendola costruire seminterrata a mezza costa, e usando per
i muri gli stessi scogli su cui costruivo.
Era l’inizio dell’estate, preparai in
fretta il progetto, lo feci approvare dal Comune di Bagheria e poi iniziai i
lavori con grande emozione. Passai un’estate con gli operai: capo cantiere era
il bravo Biagio Martorana, un esperto che aveva lavorato con me per costruire
la Casa del Fanciullo ad Aspra. Iniziammo con lo sbancamento, c’era della
roccia da far saltare con piccole cariche di esplosivo, io collaborai a preparare i fori per le
cariche e la pietra di risulta la riutilizzai per la costruzione dei muri, che
erano formati da due strati, blocchi di tufo locale e rivestimento.
Il progetto era di notevole semplicità: un grande vano delimitato da due muri di scogli che reggevano il tetto, e una
lunga e aerea pensilina in cemento armato, un capriccio estetico che era solo una linea orizzontale che ricordava l’orizzonte e che mi consentì di avere la vista del mare totalmente libera da sostegni.
La casa era dominata, al centro del vano
soggiorno, da un tronco di albero di ulivo che volli inserire per ricordare il mondo vegetale e la vita, collocato vicino al camino che consente di utilizzare la casa anche nei mesi freddi. Il grande
ambiente di soggiorno aveva due pareti che, col tempo, vennero rivestite, una con miei quadri sull’agave in tutte le sue forme, colori e manifestazioni, e
l’altra con una collezione di maschere scolpite in legno, ricordi di viaggi e di paesi
lontani. Quest'anno, sfortunatamente, abbiamo subito un triste furto e della collezione, per noi molto preziosa per il valore della memoria, purtroppo non ne è rimasta nemmeno una. Solo le foto ci consentiranno di mantenerne il ricordo...
La casa era formata, oltre al vano soggiorno, da tre camere da letto, il che faceva pensare che, pur essendo scapolo impenitente, non escludevo la possibilità di crearmi una famiglia.
I lavori li iniziai e ultimai la
stessa estate del 1961, gli infissi li ordinai a Palermo e furono eseguiti da
un bravo falegname con ottimo legno, le porte interne di pino avevano venature
così belle che decisi di non farle dipingere e, cosa unica nella mia vita, le
feci bruciare leggermente con il cannello per mettere più in evidenza la venatura,
con il vantaggio che emerse la resina e si autoprotessero.
La casa la inaugurai il mese di settembre del 1961 invitando alcuni tra i più cari parenti e amici che lasciarono le loro firme sul camino.
La
casa, per la posizione e la bellezza del paesaggio che si godeva dalla terrazza,
diventò presto un luogo dove ci si riuniva volentieri.
Il motto della casa lo
feci scrivere in una mattonella in ceramica posta sull’architrave della porta di
ingresso: PER ASPRA AD
ASTRA.
Dopo alcuni anni, quando mi sposai con Marilù ed
ebbi due figli, la casa sembrò troppo piccola, e feci un ampliamento senza
modificare l’estetica esterna. L’ampliamento lo realizzai scavando sotto il terrazzo che feci demolire e ricostruire con lo stesso disegno e uguali materiali a quello di origine. Allora si presentò il problema del parapetto, per la
differenza di quota che avevo creato scavando.
Farlo in ferro
sarebbe stato un errore per la salsedine, anche in legno sarebbe durato poco, feci quindi realizzare un muro in pietra viva a
spigoli vivi, modellato a mano dal bravo mastro di "ciaca" Diego, quasi dei merli irregolari che potevano essere usati anche come seduta per ammirare il panorama, in cui feci inserire anche alcuni mattoni pressati, per richiamare il pavimento: ne venne fuori un
muretto capace di resistere millenni. I merli fanno da parapetto, ma soprattutto sono il più evidente segno della mia passione per quei
mattoni e quegli scogli.
Quando ultimai i lavori mi trovai al
centro di un’attenzione che non avevo mai avuto e che era motivata dalla bellezza
del posto e dalla comodità che offriva, perché io ero ben lieto di condividere
tale bene con amici e parenti. Aspra non mi ha aperto le porte del cielo, ma è sicuro che ha cambiato la mia vita.
Quell’estate fu la più bella della mia vita, la passai con gli operai, e pietra su pietra vidi crescere il mio rifugio, il mio nido, il mio sogno. Il mare dalla terrazza
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