Le suore di padre Messina alla morte del Barone Sgadari, che non aveva eredi, ricevettero in eredità il suo palazzotto di campagna.
Non avendo che farne lo vendettero in un'asta pubblica, alla quale partecipò il barone Michele Saitta il quale si aggiudicò la proprietà.
L'edificio, originariamente una brutta casena di campagna alla periferia di Palermo, si trovava però in un angolo assai interessante del borgo vecchio, così detto perché risaliva a un tempo in cui il porto di Palermo si appoggiava alle proprietà di quella zona.
Nel 1963 il barone Saitta, cliente di mio padre, si rivolse a me per studiare lo sfruttamento di quell'area. Visitai il palazzo che mi sembro' di uno squallore enorme poiché non presentava nessun ambiente che meritasse una conservazione. Al Signor Saitta proposi di sostituire il palazzotto con un moderno edificio ad angolo con la piazza che soddisfacesse le esigenze urbanistiche del momento. Progettai la struttura con un solo ingresso che dava acceso a due scale, una su corso Scinà e uno sulla piazza, previdi sei piani e un attico secondo regolamento edile del Comune.
Il progetto fu approvato e immediatamente si presentò l'impresa Vassallo per fare una permuta edilizia. Vassallo era famoso perché da umile carrettiere aveva costruito numerosi edifici in tutta la città. Era diventato una legenda: si diceva che a Palermo comandasse "la VALIGIA" cioè VAssallo, LIma e GioIA, cioè politica democristiana e imprenditoria. Difatti l'imprenditoria si trovava avvantaggiata dei due agganci con gli uomini politici più potenti del momento, Gioia (dirigente della DC) e Lima (che fu anche Sindaco). Iniziammo i lavori e vidi che Vassallo aveva affidato il cantiere al figlio, un giovane ragazzo assolutamente privo di cognizione edilizia che però era affiancato da un bravo capo cantiere molto esperto.
Quando iniziammo le fondazioni constatammo che l'acqua di mare era quasi affiorante e ci creò dei problemi, dovetti arginarla per creare uno scantinato, assolutamente necessario per il parcheggio, e poi dovetti fare una palificazione per avere fondazioni stabili.
Il palazzo sorse in breve tempo perché l'impresa aveva molti mezzi economici e perché in quegli anni non si faceva in tempo a costruire che già si vendeva.
Durante i lavori si presentarono al Signor Saitta dei signori che si chiamavano Salerno che in passato nel borgo vecchio avevano un piccolissimo locale chiamato "u pirtusiddu" dove vendevano di tutto e che gli andava molto bene.
Questi signori vollero progettato e costruito da me nei locali a pian terreno sulla piazza un importante panificio con forno modernissimo e negozio di vendita. Quando fu finito, il palazzo era dotato di un elegante panificio che ogni domenica aveva la fila fino in piazza per comprare l'ottimo pane che sfornava.
L'edificio è stato da me concepito per dare un volto al borgo vecchio di cui fa parte, come una quinta di teatro e ne forma parte integrante, in maniera discreta e commisurata al contesto: niente forme e volumi azzardati, la mia attenzione si è concentrata sul disegno delle inferriate dei balconi che, inevitabili in quella zona, volevano aggiungere eleganza e personalità al prospetto.
Ero passato dalla piazza Vittorio Veneto elegante e storica di Palermo a una piazza popolare della zona del borgo vecchio e credo di averne capito il significato.
Non avendo che farne lo vendettero in un'asta pubblica, alla quale partecipò il barone Michele Saitta il quale si aggiudicò la proprietà.
L'edificio, originariamente una brutta casena di campagna alla periferia di Palermo, si trovava però in un angolo assai interessante del borgo vecchio, così detto perché risaliva a un tempo in cui il porto di Palermo si appoggiava alle proprietà di quella zona.
Nel 1963 il barone Saitta, cliente di mio padre, si rivolse a me per studiare lo sfruttamento di quell'area. Visitai il palazzo che mi sembro' di uno squallore enorme poiché non presentava nessun ambiente che meritasse una conservazione. Al Signor Saitta proposi di sostituire il palazzotto con un moderno edificio ad angolo con la piazza che soddisfacesse le esigenze urbanistiche del momento. Progettai la struttura con un solo ingresso che dava acceso a due scale, una su corso Scinà e uno sulla piazza, previdi sei piani e un attico secondo regolamento edile del Comune.
Il progetto fu approvato e immediatamente si presentò l'impresa Vassallo per fare una permuta edilizia. Vassallo era famoso perché da umile carrettiere aveva costruito numerosi edifici in tutta la città. Era diventato una legenda: si diceva che a Palermo comandasse "la VALIGIA" cioè VAssallo, LIma e GioIA, cioè politica democristiana e imprenditoria. Difatti l'imprenditoria si trovava avvantaggiata dei due agganci con gli uomini politici più potenti del momento, Gioia (dirigente della DC) e Lima (che fu anche Sindaco). Iniziammo i lavori e vidi che Vassallo aveva affidato il cantiere al figlio, un giovane ragazzo assolutamente privo di cognizione edilizia che però era affiancato da un bravo capo cantiere molto esperto.
Quando iniziammo le fondazioni constatammo che l'acqua di mare era quasi affiorante e ci creò dei problemi, dovetti arginarla per creare uno scantinato, assolutamente necessario per il parcheggio, e poi dovetti fare una palificazione per avere fondazioni stabili.
Il palazzo sorse in breve tempo perché l'impresa aveva molti mezzi economici e perché in quegli anni non si faceva in tempo a costruire che già si vendeva.
Durante i lavori si presentarono al Signor Saitta dei signori che si chiamavano Salerno che in passato nel borgo vecchio avevano un piccolissimo locale chiamato "u pirtusiddu" dove vendevano di tutto e che gli andava molto bene.
Questi signori vollero progettato e costruito da me nei locali a pian terreno sulla piazza un importante panificio con forno modernissimo e negozio di vendita. Quando fu finito, il palazzo era dotato di un elegante panificio che ogni domenica aveva la fila fino in piazza per comprare l'ottimo pane che sfornava.
L'edificio è stato da me concepito per dare un volto al borgo vecchio di cui fa parte, come una quinta di teatro e ne forma parte integrante, in maniera discreta e commisurata al contesto: niente forme e volumi azzardati, la mia attenzione si è concentrata sul disegno delle inferriate dei balconi che, inevitabili in quella zona, volevano aggiungere eleganza e personalità al prospetto.
Ero passato dalla piazza Vittorio Veneto elegante e storica di Palermo a una piazza popolare della zona del borgo vecchio e credo di averne capito il significato.
Commenti
Posta un commento