Alle quattro del pomeriggio del 3 maggio 1959 arrivò Padre Carini accompagnato da Sergio (mio fratello) nel cantiere di via Villabianca angolo via Duca della Verdura, dove erano appena iniziati i lavori di scavo delle fondamenta e, nel primo plinto, avevo fatto fare realizzare un buco per introdurre una pergamena preparata da Sergio in latino.
Dopo la benedizione di Padre Carini ,che era rimasto a quota di strada, mia madre (la signora Fulvia Bagnara Fernandez) e mio padre (l'Avvocato Ettore Fernandez) si avventurarono in una difficile discesa su una scala lunga a pioli che arrivava alla base del plinto.
Mamma introdusse la pergamena in una scatola di metallo e poi la collocò nel buco predisposto. Quindi gli operai le porsero una caldarella con la malta e una cazzuola nuova con le quali murò la scatola che è rimasta per sempre in quel plinto. Poi tutti i presenti risalirono e brindarono all'avvenimento.
La cazzuola la conservo ancora oggi nel mio studio al piano attico del palazzo in una bacheca trasparente che porta la data dell'inizio dei lavori.
Io dirigevo i lavori che non erano mai stati preventivamente valutati dalla famiglia, con molta incoscienza da parte di tutti, perché il palazzo si doveva costruire a qualunque costo. Era una avventura edilizia nella quale tutti, genitori e figli, contribuivamo con i nostri mezzi anche se non sapevamo dove saremmo arrivati e se avessimo avuto la disponibilità per costruire e ultimare un palazzo di notevoli dimensioni.
I lavori li avevo scissi in appalti separati: all'inizio appaltai le fondazioni con una ditta di palificazione, perché i plinti erano posati su pali in cemento armato profondi oltre dieci metri. Poi proseguii con un'appalto alla ditta Ruisi per le strutture in cemento armato e, in seguito, con appalti separati per le murature e i gli impianti, le rifiniture, gli infissi e i pavimenti.
Quando il palazzo fu finito il primo ad abitarlo fu mio fratello Carlo nel 1962: in questa data comincia la vita del palazzo che, a ragione, è chiamato Fernandez, perché e stato voluto da una famiglia ed è stato abitato ed è abitato ancora dai componenti della famiglia.
Dopo la benedizione di Padre Carini ,che era rimasto a quota di strada, mia madre (la signora Fulvia Bagnara Fernandez) e mio padre (l'Avvocato Ettore Fernandez) si avventurarono in una difficile discesa su una scala lunga a pioli che arrivava alla base del plinto.
Mamma introdusse la pergamena in una scatola di metallo e poi la collocò nel buco predisposto. Quindi gli operai le porsero una caldarella con la malta e una cazzuola nuova con le quali murò la scatola che è rimasta per sempre in quel plinto. Poi tutti i presenti risalirono e brindarono all'avvenimento.
La cazzuola la conservo ancora oggi nel mio studio al piano attico del palazzo in una bacheca trasparente che porta la data dell'inizio dei lavori.
Io dirigevo i lavori che non erano mai stati preventivamente valutati dalla famiglia, con molta incoscienza da parte di tutti, perché il palazzo si doveva costruire a qualunque costo. Era una avventura edilizia nella quale tutti, genitori e figli, contribuivamo con i nostri mezzi anche se non sapevamo dove saremmo arrivati e se avessimo avuto la disponibilità per costruire e ultimare un palazzo di notevoli dimensioni.
I lavori li avevo scissi in appalti separati: all'inizio appaltai le fondazioni con una ditta di palificazione, perché i plinti erano posati su pali in cemento armato profondi oltre dieci metri. Poi proseguii con un'appalto alla ditta Ruisi per le strutture in cemento armato e, in seguito, con appalti separati per le murature e i gli impianti, le rifiniture, gli infissi e i pavimenti.
Quando il palazzo fu finito il primo ad abitarlo fu mio fratello Carlo nel 1962: in questa data comincia la vita del palazzo che, a ragione, è chiamato Fernandez, perché e stato voluto da una famiglia ed è stato abitato ed è abitato ancora dai componenti della famiglia.
Ciao Giorgio. Ho letto con molto interesse le notizie sulla costruzione del tuo edificio. È bello conoscerne la storia. Un caro saluto ☺👏
RispondiElimina