Quella mattina del 1942 entrai nella Facoltà di Legge, di fronte la Facoltà di Ingegneria che a quel tempo frequentavo, percorsi l'atrio che era quasi vuoto perché era l'ora di colazione, entrai nell'ufficio dispense che allora si trovava nell'angolo destro alla fine del porticato.
Questo ufficio lo conoscevo bene era formato da una stanza con un bancone dietro il quale stavano gli impiegati e le attrezzature. Non vidi nessuno oltre gli impiegati, poi improvvisamente apparvero quattro scalmanati fascisti, capeggiati da un certo Leo Vetri, studente di medicina, che si precipitarono contro di me per darmi una lezione indimenticabile. In quattro o cinque mi aggredirono a calci e pugni fino a quando io tramortito non caddi a terra in un lago di sangue.
Poi scapparono e io restai per terra privo di coscienza. Dopo un poco mi rialzai privo di memoria e mi avviai zoppicante verso l'uscita, ma non sapevo chi ero e dove andare, quindi cominciai a camminare sul marciapiede di via Maqueda fino a quando incontrai un mio collega che si accorse della mia condizione, chiamò una carrozza e mi accompagnò a casa. Era il futuro ingegnere Furitano, che in seguito divenne comandante dei vigili del fuoco di Palermo. A casa mamma e papà si preoccuparono e mi fecero visitare da un medico che dispose un sonnifero e mi fece abbandonare in un sonno profondo. Nel frattempo la notizia dell'aggressione si era sparsa per tutta Palermo e ricevetti tante visite di solidarietà, mentre lentamente riprendevo coscienza.
Verso sera venne a trovarmi il Vescovo inviato dal Cardinale per esprimere la sua solidarietà e, contestualmente, la sua opposizione al regime fascista che fomentava la guerra contro un nemico inesistente.
In quei giorni squadre di fascisti si erano presentate in Facoltà di Ingegneria per spingere noi studenti a dimostrarci in favore della guerra. Io mi ero fatto notare per essere uno degli oppositori al "regime", giudicandolo assurdo nelle sue pretese guerrafondaie.
Questo episodio va ricordato perché, che io sappia, fu l'unico in cui la violenza fascista a Palermo, si scatenò per dare un atto dimostrativo ai giovani studenti universitari.
In Facoltà di Ingegneria eravamo tutti contrari alla guerra che allora giustamente sembrava assurda, come dimostrarono le bombe americane che distrussero quasi tutta la città.
L'immagine è una libera interpretazione di Marilù, tempera su tela 1974.
Questo ufficio lo conoscevo bene era formato da una stanza con un bancone dietro il quale stavano gli impiegati e le attrezzature. Non vidi nessuno oltre gli impiegati, poi improvvisamente apparvero quattro scalmanati fascisti, capeggiati da un certo Leo Vetri, studente di medicina, che si precipitarono contro di me per darmi una lezione indimenticabile. In quattro o cinque mi aggredirono a calci e pugni fino a quando io tramortito non caddi a terra in un lago di sangue.
Poi scapparono e io restai per terra privo di coscienza. Dopo un poco mi rialzai privo di memoria e mi avviai zoppicante verso l'uscita, ma non sapevo chi ero e dove andare, quindi cominciai a camminare sul marciapiede di via Maqueda fino a quando incontrai un mio collega che si accorse della mia condizione, chiamò una carrozza e mi accompagnò a casa. Era il futuro ingegnere Furitano, che in seguito divenne comandante dei vigili del fuoco di Palermo. A casa mamma e papà si preoccuparono e mi fecero visitare da un medico che dispose un sonnifero e mi fece abbandonare in un sonno profondo. Nel frattempo la notizia dell'aggressione si era sparsa per tutta Palermo e ricevetti tante visite di solidarietà, mentre lentamente riprendevo coscienza.
Verso sera venne a trovarmi il Vescovo inviato dal Cardinale per esprimere la sua solidarietà e, contestualmente, la sua opposizione al regime fascista che fomentava la guerra contro un nemico inesistente.
In quei giorni squadre di fascisti si erano presentate in Facoltà di Ingegneria per spingere noi studenti a dimostrarci in favore della guerra. Io mi ero fatto notare per essere uno degli oppositori al "regime", giudicandolo assurdo nelle sue pretese guerrafondaie.
Questo episodio va ricordato perché, che io sappia, fu l'unico in cui la violenza fascista a Palermo, si scatenò per dare un atto dimostrativo ai giovani studenti universitari.
In Facoltà di Ingegneria eravamo tutti contrari alla guerra che allora giustamente sembrava assurda, come dimostrarono le bombe americane che distrussero quasi tutta la città.
L'immagine è una libera interpretazione di Marilù, tempera su tela 1974.
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