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CASTELLO UTVEGGIO DA ALBERGO A CASA DEL FANCIULLO


Il Castello Utveggio, un edificio in stile neogotico realizzato fra il 1928 e il 1933, fu progettato  e realizzato in cima al Monte Pellegrino da Giovan Battista Santangelo, architetto e docente universitario, su commissione del cavaliere Michele Utveggio, orgoglioso imprenditore di origine trapanese che voleva lasciare traccia della propria presenza nel capoluogo siciliano.
L’edificio rosa nacque come lussuoso albergo, poi fu trasformato un casinò, fino a diventare, dagli anni Ottanta del secolo scorso, la sede di una scuola manageriale, il Cerisdi (Centro ricerche e Studi direzionali).
Ricordo che durante la seconda guerra mondiale il grande albergo venne requisito prima dall'esercito tedesco e poi da quello americano che lo utilizzo' come sede del comando. Finita la guerra e partiti gli americani l'albergo resto' in mano a un custode, il signor Billeci, che vi abitava con la sua famiglia. Il prefetto Vicari penso' bene di utilizzarlo come casa del fanciullo cioè utilizzarlo per compiere la sua idea che la mafia bisognava contrastarla dimostrando la presenza dello Stato verso chi ne aveva bisogno. 
Fu così che un giorno mi portarono al castello per vedere come utilizzarlo per assistere i bambini bisognasi della città. Facemmo un giro dei locali, sempre accompagnati dal guardiano, e constatammo che era in buono stato e che lui aveva evitato che venisse saccheggiato. 
Mi diedero incarico di provvedere all'utilizzazione dell'albergo come colonia estiva dei bambini. Bisognava provvedere a creare un'attrezzatura di cucina e servizi igienici per centinaia di bambini ma la cosa più grave era che mancava l'acqua, perché l'impianto di sollevamento  che partiva da un pozzo presente nel Parco dell Favorita, si era guastato e nessuno lo aveva riparato. 
Affidai i lavori a una persona di mia fiducia, il costruttore Cerasola, e appaltai i servizi igienici adatti ai bambini fuori dall'albergo, per non danneggiare quanto era rimasto intatto, poi appaltai a dei falegnami tavoli e panche in legno da me disegnati, in numero adeguato.
Quando tutto fu pronto facemmo un'inaugurazione con le autorità e il cardinale Ruffini che, in realtà, della Pontificia Commissione Assistenza non si interesso' mai perché i Gesuiti lo tennero volontariamente fuori da questo rapporto. 
Era uno spettacolo vedere quei saloni immensi del pianterreno popolati da bambini festanti e disciplinati, perché la Pontificia aveva arruolato un congruo numero di vigilatrici molto brave che badavano alla disciplina dei fanciulli.
Fu un momento della mia attività professionale di alto livello che come sempre avevo svolto con incondizionato impegno, sempre considerato da tutti come un "gesuita senza tonaca", quindi senza compenso.

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