Dopo il primo viaggio in Ungheria mi era rimasto il desiderio ancora di cavalcare in questo bellissimo Paese e di calpestare ancora la Puszta ungherese. Ne parlai con il mio caro amico avvocato Stefano De Luca che anche lui frequentava il circolo equestre S.P.E. nel parco dell Favorita di Palermo. Lui si dimostrò subito favorevole a fare un tour con me partendo addirittura da Palermo in automobile.
E così fu: traghettammo nell'Adriatico e poi proseguimmo in macchina lungo tutta la Jugoslavia senza problemi. La macchina era la mia Lancia Coupé che si dimostro' comodissima. Arrivammo in Ungheria al punto di riunione, dove trovammo altri dieci cavalieri che avevano lo stesso desiderio nostro di percorrere quel territorio così affascinante. Eravamo accompagnati da un'istruttore e ogni mattina alle nove in punto si doveva partire per un percorso diverso. Ma ogni mattina tutti finivamo ad aspettare il mio amico Stefano che, pur dormendo nella stessa mia stanza, impiegava un lungo tempo prima di essere pronto per salire in sella. Diventò famoso per questi suoi ritardi e un giorno, molto cavallerescamente, lo obbligarono per punizione ad offrire da bere a tutti noi che lo aspettavamo ogni mattina e lui lui fu felici di farlo. Il tutto sempre condito da grande allegria! Non ci furono mai problemi, la comitiva era assai divertente e ci affiatammo in breve. L'equitazione crea un cameratismo assai gradevole e sia io che Stefano ci trovammo molto bene.
Questo secondo viaggio in Ungheria mi servì per meglio valutare l'enorme differenza tra una società basata sul cavallo e una basata sulle automobili.
In Ungheria rivissi quel mondo che ci aveva preceduti, ovvero il mondo in cui l'uomo viveva in simbiosi con il cavallo che era il suo mezzo di trasporto per raggiungere grandi distanze nonchè uno strumento indispensabile di lavoro.
In quei giorni rivivemmo il rapporto tra l'uomo e il cavallo quale era stato in passato, perché scoprimmo un mondo in cui tutto era pensato in funzione di questa relazione.
Noi trovammo lì ancora le tracce di un sistema uomo-cavallo che in pochi anni si sarebbe esaurito e che aveva un fascino incredibile. Ho visto come veniva trattato il cavallo e ho capito con quale immenso amore in quei luoghi l'uomo aveva curato nei secoli questi animali.
E così fu: traghettammo nell'Adriatico e poi proseguimmo in macchina lungo tutta la Jugoslavia senza problemi. La macchina era la mia Lancia Coupé che si dimostro' comodissima. Arrivammo in Ungheria al punto di riunione, dove trovammo altri dieci cavalieri che avevano lo stesso desiderio nostro di percorrere quel territorio così affascinante. Eravamo accompagnati da un'istruttore e ogni mattina alle nove in punto si doveva partire per un percorso diverso. Ma ogni mattina tutti finivamo ad aspettare il mio amico Stefano che, pur dormendo nella stessa mia stanza, impiegava un lungo tempo prima di essere pronto per salire in sella. Diventò famoso per questi suoi ritardi e un giorno, molto cavallerescamente, lo obbligarono per punizione ad offrire da bere a tutti noi che lo aspettavamo ogni mattina e lui lui fu felici di farlo. Il tutto sempre condito da grande allegria! Non ci furono mai problemi, la comitiva era assai divertente e ci affiatammo in breve. L'equitazione crea un cameratismo assai gradevole e sia io che Stefano ci trovammo molto bene.
Questo secondo viaggio in Ungheria mi servì per meglio valutare l'enorme differenza tra una società basata sul cavallo e una basata sulle automobili.
In Ungheria rivissi quel mondo che ci aveva preceduti, ovvero il mondo in cui l'uomo viveva in simbiosi con il cavallo che era il suo mezzo di trasporto per raggiungere grandi distanze nonchè uno strumento indispensabile di lavoro.
In quei giorni rivivemmo il rapporto tra l'uomo e il cavallo quale era stato in passato, perché scoprimmo un mondo in cui tutto era pensato in funzione di questa relazione.
Noi trovammo lì ancora le tracce di un sistema uomo-cavallo che in pochi anni si sarebbe esaurito e che aveva un fascino incredibile. Ho visto come veniva trattato il cavallo e ho capito con quale immenso amore in quei luoghi l'uomo aveva curato nei secoli questi animali.
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