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ALDO MORO, UN AMICO ILLUSTRE

Aldo Moro a 22 anni
Lo conobbi nel 1938 alla FUCI (Federazione Universitaria Cattolica Italiana) che in quegli anni aveva sede presso il palazzo arcivescovile di Palermo, in quanto Aldo Moro era stato mandato a Palermo per fare il servizio militare presso la caserma del XXII artiglieria. Mio fratello Sergio, allora studente in Legge, era Presidente della FUCI Palermo e, ogni sera, una trentina di giovani universitari ci incontravamo assistiti da un prete, padre Panzeca, piccolo di statura ma di grande ingegno, soprattutto filosofico. Avevamo due sale, una per le riunioni e una per il gioco di ping-pong, in cui era bravissimo lo studente in Legge Bernardo Albanese, che poi divenne accademico d'Italia. Aldo Moro, che aveva circa quattro anni più di me, non giocava a ping-pong ma era attorniato da noi studenti per la sue alte qualità: era di bella figura e affabile con tutti e allora era Presidente nazionale della FUCI, nominato dal Papa. In quelle serate spesso ci teneva delle conferenze su vai temi e sulle quali si stabilivano dibattiti interessanti. Avvicinato e frequentato da tutti, inspirava fiducia anche da giovane, era un punto di riferimento culturale soprattutto in materia politica quando allora il fascismo non aveva quella potenza che acquisì negli anni seguenti. 
La nostra associazione era un piccolo nucleo di antifascismo capeggiato dal piccolo padre Panzeca che doveva destreggiarsi tra il concordato tra la Santa sede e l'antifascismo. Si temeva allora che spie che potessero denunciarci ai gerarchi fascisti che avrebbero influito per estrometterci dalla società. Quando finivamo di giocare ed era l'ora di lasciarci io spesso davo un passaggio Aldo invitandolo a sedersi sul telaio della mia bicicletta e lo accompagnavo alla caserma. Mi ricordo ancora la sua cortesia: si scusava con me perchè la strada era lunga e in salita e io faticavo a pedalare. Ma per me non era un problema, in quanto la sua compagnia mi era particolarmente gradita e anche cinque minuti con lui erano preziosi. 
Quando dopo anni seppi che era stato candidato alla Presidenza della Repubblica ne fui felice, in quanto veniva riconosciuto il fascino di questo giovane di grande personalità e umanità. Era un fervente cattolico capitato nella democrazia cristiana fatta di personalità ambigue come Andreotti e altri che non lo vollero come Presidente della Pepubblica, in questo caso lui si sarebbe salvato la vita e avrebbe fatto molto bene all'Italia che avrebbe avuto una guida di alto valore culturale e umano.

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