Ai primi raggi del sole aprii gli occhi, vidi il cielo sopra di me e vidi scomparire i miei sogni che erano stati tranquilli, il mio letto era una panca della stazione ferroviaria di Massa. Avevo lasciato camera, letto e materassi, non avevo nulla delle comodità della vita. Non avevo nessuna persona che mi portasse la prima colazione, era stata una scelta obbligata dagli eventi bellici. Ero stato obbligato a fuggire dalle montagne della Liguria dove avevo passato un inverno molto rigido, in una casa priva di confort.
Avevo con me solo uno zaino che mi faceva da cuscino, non avevo armi, viveri e neanche una borraccia per l'acqua. Ero partito dalle montagne con l'incoscienza più assoluta e la sfrontatezza di chi va incontro al pericolo come un bambino. Ero fuggito nel timore che i tedeschi mi spedissero in Germania, per farmi lavorare o uccidermi, mi alzai e cominciai a camminare come ogni giorno con la faccia diretta a sud, verso la mia Sicilia.
Vivevo una dimensione difficilmente immaginabile ero solo nel senso assoluto della parola. Camminavo consapevole di essere in mezzo a due eserciti che si scontravano per una guerra mondiale, era un conflitto che aveva mobilitato e distrutto la vita di milioni di uomini ed io contavo meno di un granello di sabbia. Pensavo che io, camminando, sfidavo la vita e la morte, perché procedevo solo e potevo essere nemico di tutti. Ma la decisione, di camminare nel mezzo della strada sfidando tutti, anche la morte, mi salvò la vita. Mi fermarono i soldati dei due eserciti, mi perquisirono, non trovarono nulla che potesse essere per loro una minaccia e mi lasciarono andare.
Mi rimisi in cammino pensando alla vita e alla morte con indifferenza, io ero andato oltre, avevo vinto la paura e questo mi dava una serenità incredibile. Capii di essere come un barbone perché alcuni uomini fanno questa scelta: vivere completamente sganciati dalla società e vivere solo con i propri pensieri. In natura è anomalo staccarsi da tutto e da tutti, vivere la solitudine come una conquista della libertà. Non avevo mai provato questa sensazione e questa libertà era talmente grande che difficilmente è esprimibile in parole.
La sera non trovai nessuna panchina , senza avere nulla da mettere sotto i denti, mi adagiai su un cumulo di fieno, che fu il mio letto per quella notte.
Tratto dal libro " Viaggio a piedi da Genova a Palermo" di G. Fernandez
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